Uomo e animali condividono sicuramente una cosa, l'esistenza.
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sabato 18 agosto 2012
About Tex (Lo sceriffo indiano, n. 581 e 582)
Scriverò in queste righe la mia recensione delle ultime storie di Tex, l'eroe di casa Bonelli, ovvero i numeri 581 e 582, titolati rispettivamente "Lo sceriffo indiano" e "La preda umana", si tratta di un'unica storia divisa su due albi.
(Attenzione, **SPOILER** si tratta di una recensione non priva di rivelazioni che possono guastare il gusto della lettura!)
Storia interessante, che mischia un'amicizia che rasenta l'amore, l'interesse e il potere, l'amicizia tradita, il tema della difficile coesistenza di popoli diversi, e tanti pistoleros!
Ma più che a elogiare o spronare io sono più bravo a criticare (chi non lo è?), perciò anche stavolta mi metto le mie vesti da professorucolo pedante e dò luogo al commentarium de storiaeae Texiis.
Inizierò dal disegno, nel quale si vede la commistione di diversi stili, simili ma non sempre coerenti, niente di grave, a tratti sono decisamente belli e incisivi, ma non mi convince appieno la faccia qualche volta troppo allungata di Tex (il viso che appare nell'ultima vignetta di pag. 80 non sembra lo stesso di pagina 81, nel n. 581). Peraltro si vedono scene credo anche nuove nell'immaginario texano, come la caduta di un'anatra, piacevole variazione sul tema del viaggio nelle lande selvagge.
Altra cosa che mi lascia un po' perplesso è la presenza di quello che io percepisco come salti temporali un po' troppo bruschi, tra vignetta e pagine diverse (in due casi, tra l'ultima vignetta di pag. 43 e la prima della 44, nel n. 581, e tra l'ultima di pag. 75 e la prima della 76, nel n. 582).
Non si capisce poi perchè se nel n. 582 a pag. 105 il giudice era a terra legato, poco più in là, a pag. 108, esca dalla baita sparando all'impazzata!
Per passare altrettanto bruscamente sulla trama, altre note che mi suonano non convincenti sono la risposta troppo aggressiva di Tex all'arrivo alla stalla nel n. 582 (della terza vignetta a pag. 8): perfino per Tex, e sì che ha avuto una giornata storta! O meglio, è la risposta che mi aspetterei da una persona normale, ma Tex non può trascendere da un rispetto equilibrato, e non è che può riservare le sue attenzioni solo a indiani e neri, si rischia un razzismo all'incontrario.
Uso questo pretesto per parlare dell'antirazzismo in Tex: non credo che mi si possa accusare di razzismo se l'uso eccessivo di una certa retorica antirazzista mi irrita assai. Voler mostrare la cattiveria e brutalità del rampollo Rowen, oltre all'arroganza calcolatrice del padre, facendogli pestare selvaggiamente un servitore nero, dopo una serie di scene di avversione agli indiani in paese, mi sembra un eccesso di zelo. Eccesso di zelo a volte troppo presente nel fumetto Bonelli (ma secondo me mai nei fumetti scritti da Bonelli, padre e figlio, perchè è una avversione al razzismo più sentita, e sincera). Difficile trovare un equilibrio tra antirazzismo e realismo, spesso si scade nell'antirazzismo formale e stereotipato, o peggio in un'idillismo popolato dai miti del buon selvaggio e del buon reietto, ma riuscirci fa la differenza.
(Faccio una piccola disgressione proprio perchè in proposito mi è venuta in mente una storia scritta dal Nolitta in cui entrava in scena il personaggio di Dana, in Mister No n.13 credo, personaggio che risulta subito simpatico e ruba persino un po' la scena al protagonista, ebbene, questa storia è sicuramente il miglior esempio di antirazzismo "sentito", mentre in quest'altra storia si usa l'antirazzismo in modo utilitaristico e strumentale, il pestaggio del servitore serve per mostrare meglio al lettore chi è il cattivo della storia, e per essere sicuri di non sbagliare lo si sottolinea mostrandocelo giovane e nero: ho trovato questo utilizzo particolarmente irritante)
Infine, e qui chiudo, non mi è piaciuto nemmeno il pentimento del personaggio del giudice, uno dei principali della storia. La storia ci mostra una persona che rimugina sui suoi gesti, ma non ci mostra perchè si pente. Già si capisce poco perchè li ha compiuti, denaro, soldi, donne? Non mi sembra un dandy, un uomo assetato di potere, un amante geloso. Ha tradito quelli che chiama amici senza batter ciglio, ha cospirato in prima persona per far cacciare e anche far fuori di persona un amico che a parole sembra sentito (ma se Tex si concede ricordi sull'amico meticcio, dove si vede che questi era amico suo?). Non capendosi bene perchè abbia tradito, si capisce ancor meno del perchè di colpo si penta. Non c'era forse anche lui, quando ha ordinato a uno scagnozzo di uccidere Lorence, il proprietario del terreno cui era interessato Rowen? Non ha suggerito lui ai Rowen il modo di sistemare per sempre Jerry e Tex, ovvero ucciderli alle spalle e di persona? Come mai d'improvviso ci ripensa? Ha solo paura di sparare? Perchè quella sembra solo paura, non reale pentimento. Eppure sappiamo che subirà una pena lieve (2 anni, vitto e alloggio non sono il massimo, dice lui), e riceve da Jerry la proposta di diventare vicesceriffo una volta uscito dal carcere! Vabbè, sarà che sottovaluto la forza del perdono, sarà che in fondo rispecchia la mentalità di oggi, ma resto sinceramente basito!
(A volte nelle storie Bonelli sembra che si voglia spiegare il perchè delle scelte degli autori, non tanto quelle dei personaggi!)
Chiudo (davvero) la presente con parole di mio pentimento e di scusa: scrivere una storia è davvero difficile - almeno scriverla bene - e mi rendo conto che non è facile, per niente facile, come mestiere, ma la mia volontà, spero anche di altri, è vedere e leggere storie sempre più belle!
(Attenzione, **SPOILER** si tratta di una recensione non priva di rivelazioni che possono guastare il gusto della lettura!)
Storia interessante, che mischia un'amicizia che rasenta l'amore, l'interesse e il potere, l'amicizia tradita, il tema della difficile coesistenza di popoli diversi, e tanti pistoleros!
Ma più che a elogiare o spronare io sono più bravo a criticare (chi non lo è?), perciò anche stavolta mi metto le mie vesti da professorucolo pedante e dò luogo al commentarium de storiaeae Texiis.
Inizierò dal disegno, nel quale si vede la commistione di diversi stili, simili ma non sempre coerenti, niente di grave, a tratti sono decisamente belli e incisivi, ma non mi convince appieno la faccia qualche volta troppo allungata di Tex (il viso che appare nell'ultima vignetta di pag. 80 non sembra lo stesso di pagina 81, nel n. 581). Peraltro si vedono scene credo anche nuove nell'immaginario texano, come la caduta di un'anatra, piacevole variazione sul tema del viaggio nelle lande selvagge.
Altra cosa che mi lascia un po' perplesso è la presenza di quello che io percepisco come salti temporali un po' troppo bruschi, tra vignetta e pagine diverse (in due casi, tra l'ultima vignetta di pag. 43 e la prima della 44, nel n. 581, e tra l'ultima di pag. 75 e la prima della 76, nel n. 582).
Non si capisce poi perchè se nel n. 582 a pag. 105 il giudice era a terra legato, poco più in là, a pag. 108, esca dalla baita sparando all'impazzata!
Per passare altrettanto bruscamente sulla trama, altre note che mi suonano non convincenti sono la risposta troppo aggressiva di Tex all'arrivo alla stalla nel n. 582 (della terza vignetta a pag. 8): perfino per Tex, e sì che ha avuto una giornata storta! O meglio, è la risposta che mi aspetterei da una persona normale, ma Tex non può trascendere da un rispetto equilibrato, e non è che può riservare le sue attenzioni solo a indiani e neri, si rischia un razzismo all'incontrario.
Uso questo pretesto per parlare dell'antirazzismo in Tex: non credo che mi si possa accusare di razzismo se l'uso eccessivo di una certa retorica antirazzista mi irrita assai. Voler mostrare la cattiveria e brutalità del rampollo Rowen, oltre all'arroganza calcolatrice del padre, facendogli pestare selvaggiamente un servitore nero, dopo una serie di scene di avversione agli indiani in paese, mi sembra un eccesso di zelo. Eccesso di zelo a volte troppo presente nel fumetto Bonelli (ma secondo me mai nei fumetti scritti da Bonelli, padre e figlio, perchè è una avversione al razzismo più sentita, e sincera). Difficile trovare un equilibrio tra antirazzismo e realismo, spesso si scade nell'antirazzismo formale e stereotipato, o peggio in un'idillismo popolato dai miti del buon selvaggio e del buon reietto, ma riuscirci fa la differenza.
(Faccio una piccola disgressione proprio perchè in proposito mi è venuta in mente una storia scritta dal Nolitta in cui entrava in scena il personaggio di Dana, in Mister No n.13 credo, personaggio che risulta subito simpatico e ruba persino un po' la scena al protagonista, ebbene, questa storia è sicuramente il miglior esempio di antirazzismo "sentito", mentre in quest'altra storia si usa l'antirazzismo in modo utilitaristico e strumentale, il pestaggio del servitore serve per mostrare meglio al lettore chi è il cattivo della storia, e per essere sicuri di non sbagliare lo si sottolinea mostrandocelo giovane e nero: ho trovato questo utilizzo particolarmente irritante)
Infine, e qui chiudo, non mi è piaciuto nemmeno il pentimento del personaggio del giudice, uno dei principali della storia. La storia ci mostra una persona che rimugina sui suoi gesti, ma non ci mostra perchè si pente. Già si capisce poco perchè li ha compiuti, denaro, soldi, donne? Non mi sembra un dandy, un uomo assetato di potere, un amante geloso. Ha tradito quelli che chiama amici senza batter ciglio, ha cospirato in prima persona per far cacciare e anche far fuori di persona un amico che a parole sembra sentito (ma se Tex si concede ricordi sull'amico meticcio, dove si vede che questi era amico suo?). Non capendosi bene perchè abbia tradito, si capisce ancor meno del perchè di colpo si penta. Non c'era forse anche lui, quando ha ordinato a uno scagnozzo di uccidere Lorence, il proprietario del terreno cui era interessato Rowen? Non ha suggerito lui ai Rowen il modo di sistemare per sempre Jerry e Tex, ovvero ucciderli alle spalle e di persona? Come mai d'improvviso ci ripensa? Ha solo paura di sparare? Perchè quella sembra solo paura, non reale pentimento. Eppure sappiamo che subirà una pena lieve (2 anni, vitto e alloggio non sono il massimo, dice lui), e riceve da Jerry la proposta di diventare vicesceriffo una volta uscito dal carcere! Vabbè, sarà che sottovaluto la forza del perdono, sarà che in fondo rispecchia la mentalità di oggi, ma resto sinceramente basito!
(A volte nelle storie Bonelli sembra che si voglia spiegare il perchè delle scelte degli autori, non tanto quelle dei personaggi!)
Chiudo (davvero) la presente con parole di mio pentimento e di scusa: scrivere una storia è davvero difficile - almeno scriverla bene - e mi rendo conto che non è facile, per niente facile, come mestiere, ma la mia volontà, spero anche di altri, è vedere e leggere storie sempre più belle!
mercoledì 18 aprile 2012
La lieve fine di tutto
Oggi mi è venuta un'idea, tra il tragico e il faceto.
Una di quelle cose per cui l'immaginazione parte in quarta per la sua strada, e tu la lasci andare per vedere dove cavolo andrà.
Immaginiamo (ma non è così ovviamente, o almeno spero) che mi venga una di quelle malattie incurabili che ti fanno perdere lentamente ragione, lucidità, coscienza, insomma che ti rimbecilliscono completamente.
E immaginiamo (e non so se sarà così, ora preferisco non pensarci) che di fronte a una situazione simile, piuttosto che ridurmi a un vegetale ed essere solo un peso alle persone che mi circondano, decida di farla finita. Ma un po' per mancanza di coraggio, un po' perchè non voglio farla finita quando sto ancora bene, che decida di terminare la mia esistenza solo quando il mio stato sarà irrecuperabile.
Come potrei fare?
L'ideale sarebbe creare una trappola mortale, magari in casa, che fintanto che sono lucido posso evitare, ma quando ormai privato dell'intelligenza non riuscirei a schivare.
Che so, un libro colorato che mi attiri l'attenzione, e che quando provo a prendere in mano faccia precipitare una pila di libri addosso uccidendomi sul colpo, una torta alla panna sul ciglio del balcone, che mi faccia precipitare dal settimo piano, un gelato con un cavo dell'alta tensione attaccato.
Non so perchè, l'idea di studiare un sistema per eliminare quella versione di me divenuto imbecille la trovo divertente. Tragica e divertente. Mi vedo con un sorriso da bambino che prende il "giocattolo" tanto desiderato, fulminato nel momento della sua massima bambinesca soddisfazione.
Che si può desiderare di più?
Una di quelle cose per cui l'immaginazione parte in quarta per la sua strada, e tu la lasci andare per vedere dove cavolo andrà.
Immaginiamo (ma non è così ovviamente, o almeno spero) che mi venga una di quelle malattie incurabili che ti fanno perdere lentamente ragione, lucidità, coscienza, insomma che ti rimbecilliscono completamente.
E immaginiamo (e non so se sarà così, ora preferisco non pensarci) che di fronte a una situazione simile, piuttosto che ridurmi a un vegetale ed essere solo un peso alle persone che mi circondano, decida di farla finita. Ma un po' per mancanza di coraggio, un po' perchè non voglio farla finita quando sto ancora bene, che decida di terminare la mia esistenza solo quando il mio stato sarà irrecuperabile.
Come potrei fare?
L'ideale sarebbe creare una trappola mortale, magari in casa, che fintanto che sono lucido posso evitare, ma quando ormai privato dell'intelligenza non riuscirei a schivare.
Che so, un libro colorato che mi attiri l'attenzione, e che quando provo a prendere in mano faccia precipitare una pila di libri addosso uccidendomi sul colpo, una torta alla panna sul ciglio del balcone, che mi faccia precipitare dal settimo piano, un gelato con un cavo dell'alta tensione attaccato.
Non so perchè, l'idea di studiare un sistema per eliminare quella versione di me divenuto imbecille la trovo divertente. Tragica e divertente. Mi vedo con un sorriso da bambino che prende il "giocattolo" tanto desiderato, fulminato nel momento della sua massima bambinesca soddisfazione.
Che si può desiderare di più?
Dolore ricercato
A volte ci si rotola nel dolore: nel dolore fisico e psichico noi
stessi torniamo a coccolarci e a prenderci cura di noi, ed è quello
che cerchiamo, per riprenderci
stessi torniamo a coccolarci e a prenderci cura di noi, ed è quello
che cerchiamo, per riprenderci
martedì 25 ottobre 2011
Il tempo è una coperta tirata?
Nota dell'autore: questo pezzo appartiene a quella serie di pensieri che ti vengono nei momenti iniziali della mattina, quando ti svegli e prepari la colazione, e un flusso di pensieri ancora confusi si affastellano nella mente, che tenta disperatamente di ordinarli, cercando inutilmente di dare un senso e un filo logico. Ho voluto riportarli qui, nel mio vano tentativo di dare loro un senso, così, perchè mi andava, e se gli psicologi si annotano i sogni io mi annoto i pensieri sconclusionati!
La teoria della relatività (che io ovviamente non solo non capisco, ma non riesco nemmeno ad affrontare) ci spiega che il tempo non è una "cosa" o dimensione immutabile, costante, e che si presenta uniforme. Forse il tempo stesso non esiste in sè, solo come oggetti, materia/energia che si espandono nella dimensione tempo o si rappresentano grazie a un'epressione temporale.
Il tempo è deformabile (contratto quando stiamo bene, espandibile all'infinito nei momenti di noia). Ma il tempo è in moto? Ovvero, muta nel tempo? O meglio, tutta la materia-energia con una dimensione temporale viene influenzata nella sua dimensione temporale da tutti gli altri?
Se il tempo si potesse rappresentare com un brodo con pezzi di carne e crostini, che se sposti un crostino metti in moto tutti gli altri, o come una coperta, se tirata da una parte si scopre un'altra, sarebbe corretto? E in tal caso, cosa succederebbe?
Potrebbe esistere un evento, una forza di attrazione temporale che porterebbe a distorcere tutto il campo temporale?
Il pensiero scientifico moderno opera attraverso l'isolamento di elementi separabili e identificabili, per poterli studiare al meglio in un ambiente neutro a partire da una condizione di partenza immutabile prima dell'intervento dello scienziato. Gli ultime esplorazioni intellettuali/scientifiche, non negando questo approccio, vanno verso lo studio di ambienti complessi, composti di elementi interconnessi e in relazione continua tra loro.
(Chissà che questa modalità di pensiero (non ancora elettrico, direbbe McLuhan) non ci influenzi ancora, mentre uno nuovo sta prendendo piede, e chissà se questi potranno convivere e integrarsi.)
La teoria della relatività (che io ovviamente non solo non capisco, ma non riesco nemmeno ad affrontare) ci spiega che il tempo non è una "cosa" o dimensione immutabile, costante, e che si presenta uniforme. Forse il tempo stesso non esiste in sè, solo come oggetti, materia/energia che si espandono nella dimensione tempo o si rappresentano grazie a un'epressione temporale.
Il tempo è deformabile (contratto quando stiamo bene, espandibile all'infinito nei momenti di noia). Ma il tempo è in moto? Ovvero, muta nel tempo? O meglio, tutta la materia-energia con una dimensione temporale viene influenzata nella sua dimensione temporale da tutti gli altri?
Se il tempo si potesse rappresentare com un brodo con pezzi di carne e crostini, che se sposti un crostino metti in moto tutti gli altri, o come una coperta, se tirata da una parte si scopre un'altra, sarebbe corretto? E in tal caso, cosa succederebbe?
Potrebbe esistere un evento, una forza di attrazione temporale che porterebbe a distorcere tutto il campo temporale?
Il pensiero scientifico moderno opera attraverso l'isolamento di elementi separabili e identificabili, per poterli studiare al meglio in un ambiente neutro a partire da una condizione di partenza immutabile prima dell'intervento dello scienziato. Gli ultime esplorazioni intellettuali/scientifiche, non negando questo approccio, vanno verso lo studio di ambienti complessi, composti di elementi interconnessi e in relazione continua tra loro.
(Chissà che questa modalità di pensiero (non ancora elettrico, direbbe McLuhan) non ci influenzi ancora, mentre uno nuovo sta prendendo piede, e chissà se questi potranno convivere e integrarsi.)
mercoledì 24 agosto 2011
La mia libreria!
martedì 23 agosto 2011
Vecchiaia
Vecchiaia non è quando ti spuntano i capelli bianchi o ti cigolano le ossa.
Vecchiaia è quando negli altri vedi passato.
Vecchiaia è quando negli altri vedi passato.
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