mercoledì 14 febbraio 2007

Le fiction come modello di esperienza sociale?

Esistono molte fiction in cui ci si identifica con un protagonista: apparentemente si è partecipi dei suoi moti d'animo, pensieri, emozioni, difficoltà, ecc.
Questo viene realizzato con l'espressione dei suoi pensieri, spesso questi vengono comunicati in modo esplicito agli altri personaggi: per rendere l'esperienza soddisfacente per gli spettatori poi i personaggi più o meno di contorno rispondono al protagonista, ascoltano, sono partecipi (molto più di quanto non ci succeda nella realtà di tutti i giorni).
In più spesso le vicende ruotano attorno a questo protagonista, vi è una risposta anche dall'ambiente circostante, spesso conforme a criteri di giudizio condivisi (chiamamola morale, della storia o tout court).
(In pratica il protagonista-spettatore è immerso in un liquido amniotico che lo circonda, non lo abbandona)

Ora, quel che mi chiedevo era se questa esperienza (la visione di una fiction, ma riscontrabile in altri media, come nella lettura di un libro e così via) non sia un'esperienza che in qualche modo non formi la nostra personalità, la nostra visione del mondo, le nostre aspettative (e se non esista un modo alternativo di vedere le cose).
In quale modo il nostro vivere di fronte allo schermo si ponga rispetto al nostro vivere in relazione con gli altri, quali dinamiche metta in atto (forme di dipendenza dalla fiction, aspettative verso il mondo e gli altri, se vi sia cesura o continuità tra i diversi momenti di vita, di fronte allo schermo o con gli altri).

In più mi chiedevo se e in quale misura questo potesse modificare la nostra società, ovvero il nostro vivere in società, il nostro relazionarsi con gli altri ma anche la conformazione della nostra società (più individualista? ma paradossalmente resa coesa da una presunta comunanza?).

E le nuove esperienze, in particolare quelle di rete come Second life e i blog, ma anche il Grande Fratello e il fenomeno crescente del protagonismo dei "giovani col videofonino" (che siano filmati di stupri o semplici bravate messe in rete), non sono eredi di questo tipo di "esperienza delle fiction"?

In Second life (a cui non ho mai partecipato) apparentemente vi è una riproduzione della vita reale nella "controparte" virtuale, ma vi possono essere tentativi (da parte di chi genera l'ambiente, ma anche di tipo spontaneo) di favorire l'esperienza amniotica?
Nei blog, non cerchiamo di trovare ascolto, di rivivere l'esperienza di essere al centro di un gruppo? (ovviamente esiste quella cosa bellissima chiamata amicizia, quel che tenevo a evidenziare è la possibilità che vi sia un desiderio di centralità illusoria)
La compulsione a pubblicare atti discutibili o veri reati filmati col videofonino, non proviene dal desiderio di ri-generare uno spettacolo di cui si è protagonisti e fautori?
Nei reality show del tipo del Grande Fratello, non vi sono tanti piccoli protagonisti individualmente al centro dell'attenzione dell'obiettivo, sempre pronti a mostrarsi, a rivelarsi di fronte all'altro, di cui ci si interessa veramente ben poco?

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