sabato 31 marzo 2007

Nè teodem nè teocon, ma nazicatt o chiesisti?

Il titolo è provocatorio e forte, ma non riesco a esprimere diversamente quello che la posizione delle alte gerarchie della chiesa cattolica mi suscita, e descrivere quel che mi sembra stiano diventando sempre più. E non è una cosa che può essere descritta con nomignoli simpatici e all'apparenza innocui, da fighetti milanesi.

Il problema dov'è? Non è tanto nelle idee che sono alla base dei loro recenti interventi, che si possono condividere o meno, quanto nelle modalità di ingerenza e nei mezzi comunicativi utilizzati per influenzare vita politica e vita civile del nostro paese.
E sicuramente nella scarsa fiducia che provo nella integrità e rappresentatività della classe politica e dirigente italiana (più che dirigente direi classe digerente).

Ora, se fossero intervenuti in modo forte a sostenere la loro lotta contro l'aborto, avrei potuto avere un'opinione favorevole o contraria, ma avrei ritenuto legittimo un loro intervento (ovviamente nella dialettica democratica, non attentando alla vita altrui, come avviene in altre parti del mondo).
In tal caso la durezza sarebbe giustificata dalla difesa di una "parte" che comunque non avrebbe voce (qui il mio tentativo di esprimermi in modo neutrale rende purtroppo il discorso arido).

Per i recenti "DICO", il loro intervento si oppone apertamente contro la libera volontà di due persone di sancire una forma di unione (di qualunque tipo si tratti), ed essere riconosciuti come tali dalla legge. Il loro intervento è totalmente sproporzionato, pretestuoso, intollerante e totalitario.

Il motivo principale addotto per tale intervento è la loro difesa della famiglia, ma in realtà trovo tale motivazione per nulla convincente.
Cosa c'entra la famiglia? I "DICO" non impediscono a due che si sono uniti sotto quella formula di sposarsi successivamente. Permettono ad altri tipi di coppie di unirsi, non potendo per la legge o per altri motivi convenire in matrimonio. Non impedicono a NESSUNO di sposarsi, se lo vogliono.
Se la chiesa ritiene l'istituzione della famiglia in crisi, la sostengano, sono pronto a condividere questo sforzo, ma non mi sembra di aver sentito una presa di posizione altrettanto forte in tal senso.
Se ritengono che la famiglia sia un valore che non è più apprezzato dai giovani, si prodighino con i loro mezzi, che sono tanti, a riportarlo in auge: essendo un grande valore, e di questo sono convinto, si tratta di farlo riscoprire, di portare la buona novella tra le genti.
La verità è che di questi tempi altri sono i motivi di crisi della famiglia, non certo i "DICO" (che non ci sono ancora).

Ora, alla fine di questo discorso posso dire tranquillamente (protetto dall'anonimato!) di essere eterosessuale e non fidanzato, ma non ho nessuna intenzione di dare a dei vescovi il potere di decidere della mia vita e delle mie scelte, anche quelle future. E non intendo essere partecipe delle loro ipocrisie.
Quando dovrò vestirmi da balilla? Quando verrano costruiti i nuovi ghetti?

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(Aggiornamento del 30/04/2007)

Considerati gli ultimi eventi (minacce e pallottole inviate per posta) mi sembra normale aggiungere che non ho cambiato assolutamente idea, ma non condivido altrettanto assolutamente la violenza di qualunque tipo (neppure quella minacciata), di gente che nei migliore dei casi è labile psicologicamente...

Per alleggerire l'atmosfera lascio un paio di link a dei video che ho trovato su YouTube dei Simpsons: una reclame dissacrante e la differenza tra il paradiso protestante e quello cattolico.

Chiudo con un brano tratto dal romanzo Q (nella pagina di Wikipedia si trova un link al download dell'opera):
Cominciai facendo il muratore. La prima azione che escogitammo fu quella di entrare di notte in una chiesa e di erigere un muro di mattoni davanti alla scalinata del pulpito. Sopra ci scrivemmo pure una frase di Cellario: "Nessuno può parlarmi di Dio meglio del mio cuore".
Luther Blisset, Q, Einaudi (Tascabili Stile libero), 16,00 euro
(Seconda parte, cap. 14, p. 185)

domenica 25 marzo 2007

Il sangue della mala è spesso

..e denso, e scorre copioso. Sono rari i fumetti, ma se è per questo le storie narrate in genere, siano romanzi o film o altro, che sono capaci di colpirti con un pugno nello stomaco, e farti fare una discesa all'inferno sulle tracce di Louis, killer della mala con un cancro che lo uccide.

Una storia che tocca l'acme del noir, cruento senza compiacimenti, dall'atmosfera torbida senza concessioni di nessun tipo.
Loustal, qui in collaborazione con Paringaux, è un grande creatore di atmosfere, tra afrore jazz e secchezza hardboiled.
Un grande esempio di fumetto, che nulla ha da invidiare alle altre arti.

Solo un paio di note: la prima, in una vignetta con la didascalia "Al calar del sole scorse la città bianca, e oltre la città il mare più rosso di una pozza di sangue.", ma il mare è colorato in tonalità violetto. Sono curioso su questa.. imprecisione? I colori sono stati resi male? Un pudore o un ripensamento o una dimenticanza in fase di colorazione?

Un'altra nota, più seria, riguarda l'ultima vignetta, che a parer mio rovina molto del controllo avuto sino all'ultimo sulla sceneggiatura. Senza voler svelare troppo elementi della trama, si mostra il protagonista in una immagine che potrebbe farne un'eroe, un eroe maledetto: anche se si mostra impietoso allo sguardo del lettore, è comunque centrale, quasi una consacrazione. Eppure la storia fino all'ultimo è la storia di Louis, ma anche la storia del suo mondo, di chi gli sta intorno. Secondo me può essere una nota stonata.
Oppure è solo Louis che si mostra al lettore senza rimpianti, si espone totalmente, puro, quasi a sfidarne il giudizio?
(Puro nel senso non di innocente, ma piuttosto di materia impura dopo vicende che l'hanno esposto al calore bianco, scoprendone l'essenza)

Qui la pagina dell'editore Casterman, (in francese) con una tavola e la copertina.
Qui altre immagini dal sito di Loustal.

Il sangue della mala, di J. de Loustal e Ph. Paringaux, ed. Coconino Press, 16,00 euro.

Miyazaki Earthsea LeGuin Age of Bronze, ovvero: girando per la rete

Ho recentemente scoperto su questo sito dedicato allo Studio Ghibli che il figlio del mitico Hayao Miyazaki, Goro Miyazaki, ha diretto un anime intitolato Gedo Sinki - Tales From Earthsea, ispirato nientepocodimenoché alla saga di Earthsea, scritto dalla grande Ursula K.LeGuin (in Italia il film uscirà con il titolo "I racconti di Terramare", che suona un poco strano ma nemmeno etimologicamente scorretto).

Continuando a navigare seguendo i diversi link, ho poi scoperto con disappunto che in un'intervista la LeGuin si dice affatto soddisfatta del film d'animazione che ne è stato tratto.
Leggetevi l'intervista (in inglese): la LeGuin s'è detta amareggiata, in quanto hanno riscritto la storia inserendo una gran quantità di "isteria e spargimenti di sangue". Insomma, per la LeGuin lo Studio Ghibli è estremamente male-centered, e anche se gli eroi delle sue storie sono principalemente ragazze, lo studio è gestito principalmente da uomini.

Che dire, non ho ancora visto il film, ma cosa succede se due autori che ami entrano in conflitto?
Normalmente ci si augura che la traduzione in film rinnovi e moltiplichi il piacere ricevuto dalla lettura.
Nel caso di due autori maestri nel loro campo si può credere che possano formare una sinergia unica e produrre un'opera indimenticabile, e invece..
Eppure la storia delle diverse arti sono piene di opere rovinate, piccole cicatrici delle speranze di una trasposizione tradita.
In realtà posso constatare che si tratta "solo" del figlio di Miyazaki, e non dello stesso Hayao, quindi vince la LeGuin! Peccato però..


Tra l'altro qui la LeGuin cita fra le sue letture preferite (quelle più recenti) la graphic novel sulla guerra di Troia Age of Bronze (ovvero il fumetto L'età del bronzo, di Eric Shanower, edito in Italia dalla Free Books). Non posso che unirmi al suo giudizio, davvero un gran bel fumetto, e chissà che un giorno non ne scriva.

sabato 24 marzo 2007

Fumetti Made in Japan

Made in Japan, AA.VV., ed. Coconino Press, 16,00 euro.

Sedici autori giapponesi e francesi per altrettante storie ambientate in Giappone. Gli autori francesi sono stati ospitati nella terra del sol levante da diverse istituzioni francesi perchè raccontino la loro esperienza, mentre quelli giapponesi fanno altrettanto per le proprie località di origine.

Un viaggio in una terra che oggi resta ancora esotica e mitizzata, nel bene e nel male.

Pur tra narrazioni di tipo diverso, dal racconto minimalista, alla trascrizione del viaggio in un mondo nuovo, alla storia "ispirata a", lo scarto tra i racconti degli autori, ora francesi ora giapponesi, si può evincere più che altro per il livello di profondità dell'ispirazione che se ne percepisce.

Come dice Fabrice Neaud "La barriera linguistica è tale che il soggiorno è stato troppo breve per imparare (...) ed è stato troppo lungo per riempire pienamente, e senza lasciare spazio all'angoscia, i miei ristretti limiti di turista occidentale (...)", e ancora "Torno in Francia" "con questa sensazione di essere di nuovo passato a lato di qualcosa".

I racconti (e gli autori) sono:
  • In riva al mare di Kan Takahama
  • La porta d'ingresso di David Prudhomme
  • Cielo d'estate di Jiro Taniguchi
  • Ora posso anche morire! di Aurélia Aurita
  • Osaka di F.Schuiten e B.Peeters
  • Shin.Ici di E.Guibert
  • I nuovi dei di N.De Crécy
  • Kankichi di Taiyo Matsumoto
  • La Tokyo di Ualteru di Joann Sfar
  • Il girasole di Little Fish
  • Il canto dei grilli di Moyoko Anno
  • Nella viuzza Amore di F.Boilet
  • La città degli alberi di Fabrice Neaud
  • La festa dei cavalli di Daisuke Igrashi
  • Nella foresta più profonda di Kazuichi Hanawa
  • Sapporo fiction di Etienne Davodeau

Tra questi segnalo in particolare la storia di Jiro Taniguchi, che evoca la nostalgia ma anche il dramma di un momento della propria adolescenza, e la sfacciata ma allegra constatazione delle differenze di due popoli esternata senza pudore da Joann Sfar.

Pur con una certa discontinuità qualitativa (ma minore che in altre raccolte), trovo sia stato un esperimento comunque interessante.

Per chi non è in Koma..

Koma Vol. 1 (di 2) - La voce dei camini, di P.Wazem e F.Peeters, ed. ReNoir, 12,00 euro.

Un bel fumettino, disegnato e raccontato con mano delicata: narra la storia di una bambina, Addidas ("non come le scarpe") che aiuta il padre nel lavoro di spazzacamino, tra i problemi quotidiani, la perdita della madre, e gli strani svenimenti che la colpiscono.
Il mondo in cui vive è un mondo strano, in cui la campagna non si scorge e gli uomini sono sottoposti a autorità oppressive. Ma la bambina scoprirà un nuovo mondo "sotto", nelle profondità della terra, e una macchina rotta a cui la sua vita è legata.

Quel che colpisce è il modo in cui la bambina affronta il mondo, la sua pacatezza pur nelle difficoltà in cui si trova.
In attesa del secondo e conclusivo volume, ci poniamo la domanda, "a che altezza una collina diventi una montagna"...

giovedì 22 marzo 2007

Le terre natie delle Favole

Fables - Terre natie, di B.Willingham, M.Buckingham, D.Hahn, e S.Leialoha, ed. Planeta DeAgostini, 12,95 euro.

Le Favole al giorno d'oggi sono relegate a convivere con le molte difficoltà della vita comune, ormai in esilio dalle terre natie che le avevano partorite, invase ormai da favole incattivite e ciniche dominate da un Avversario di cui poco si sa.
Fino a oggi! Questo volume, al di là di metafora, spiega finalmente chi sta dietro l'invasione e conquista del mondo delle favole.

..tutto qui?, vien da dire: purtroppo il mistero tenuto vivo negli albi precedenti si perde nello svolgersi della storia, e si mortifica in un calo di tensione finale che non soddisfa e non rilancia (come un buon autore dovrebbe saper fare).
Per metà volume assistiamo alle vicende insipide di Jack (quello della pianta di fagiolo che sale fino al cielo). Poi assistiamo al fiorire di sottotrame inutili (Mowgli, Bestia e Principe Azzurro), con un a solo prolungato di Boy Blue, l'eroe dell'albo, che fa tutto grazie a un mantello dei desideri e nemmeno troppo ingegno.

Insomma, questa serie che pure parte da un'idea intrigante da un po' di tempo a questa parte si è persa, e chissà mai se si riprenderà.
(dei disegni non dico altro se non che sono mediocri, non pretendevo certo la maestria di Dino Battaglia o Philip Craig Russell, ma qualcosina di meglio sì!)

Altre note sulla veste editoriale: le traduzioni soffrono (ancora!) di qualche refuso (più che altro balloons in spagnolo); sarebbe stato molto interessante e apprezzato, per un volume come questo, un apparato redazionale almeno un pochino sviluppato, così si perde metà del gusto della lettura; e infine, anche qui indicare il prezzo di 12,95 euro è ridicolo, potrebbero almeno adeguarsi allo standard della Alessandro Editore!

Alita Last Order, by Yukito Kishiro

Diciottesimo albetto di Alita Last Order, e si spiega finalmente il titolo di questa nuova miniserie!
Prosegue il flashback su Vilma Fachiri (ma gli autori giapponesi dove pescano i nomi?!?), alias Caella Sanguinis, quando ancora Alita non c'era e non era ancora stato sviluppato il mitico stile di combattimento panzer kunst...
Insomma, vengono spiegate le origini di varie cose che nel futuro cyber-postatomico di Alita avranno un'importanza fondamentale.

Questo numero risveglia l'interesse per la serie, che per la verità paga, come altre serie manga, un rarefarsi di uscite nel tempo (con il lettore avido che spera solo che l'autore lavori 24 ore al giorno!).
Se la mia pazienza lo consentisse, andrebbe riletta al suo completamento, per avere una visione d'insieme.

Alita Last Order n. 18, di Yukito Kishiro, Panini Comics, 2,00 euro.

sabato 17 marzo 2007

Borat

Che dire di questo film, girato in simil-candid camera? Per capire di cosa parlo rimando a questo sito, in cui vi sono altre recensioni: ora dirò la mia opinione.

All'inizio ero vagamente raggelato, non tanto per la rappresentazione del Kazakhstan, esagerata tanto da risultare evidentemente fasulla e voluta, praticamente una trappola per trucidi, quanto perchè non ne capivo l'intenzione - vuole far ridere così? - mi chiedevo (il pubblico in realtà rideva da subito, c'è chi ha chiesto ad alta voce se in Kazakhstan fossero davvero così).
Insomma, temevo di dover penare prima della fine del film.

Poi, dall'arrivo del falso giornalista del falso terzomondo in America ho iniziato, se non ad apprezzarlo, quantomeno a capire il senso e l'intenzione dissacratoria dell'autore.
In particolare questo film, in fondo orientato verso un pubblico anglofilo (americano e inglese), attacca quello che è un sentimento di cui si è poco consapevoli ma anche molto suscettibili, che è se vogliamo l'amor patrio e il sentimento di fondamentale superiorità della propria "civiltà" (in questo caso americanità).

L'epopea di Borat per gli Stati Uniti in fondo attacca i fondamenti della cultura americana (o almeno, credo! non conosco così bene gli USA): la vendita libera di armi, il conservatorismo razzista e omofobo, la faccia falsamente benevolente e pia dei wasp, il maschilismo (giovanile) e il femminismo (tendente al senile), il modello di bellezza siliconata (risultando invece quasi tenero verso la figura della prostituta), l'odio verso gli ebrei, quasi folkloristico da parte del mondo (attuato in fondo solo da falsi kazakhi) contro quello più reale da parte di alcuni americani.

Sarebbe interessante verificare il messaggio che in Italia viene tramesso: in sala si sono udite tante risate, che ci si può chiedere se si è sintonizzati sulla stessa frequenza dell'umorismo comunque rozzo (alla scena del diverbio dei due kazakhi ho riso davvero, pure nel disgusto, immaginandomi l'effetto di recitare nella parte di Borat!), oppure se in fondo si è estranei all'oggetto della sua satira sbeffeggiante la cultura americana.

Una cosa che mi è sembrato di percepire, è stata una risata più raggelata, quasi forzata del pubblico, nella scena dell'incontro con i cristiani pentecostali, in cui Borat si abbandona nel dolore alla comunione con la comunità.
Forse perchè era la scena in cui un pubblico italiano si poteva più riconoscere, quasi un attacco alla sacralità percepita della fede e dell'istituto del miracolo?

Sarebbe interessante verificare statisticamente l'impressione che il pubblico ha ricevuto dal film, e confrontare gli effetti per un pubblico di paesi e culture differenti.
E, in fondo, anche verificare l'effetto di variazioni sul tema: un falso giornalista americano in visita nel terzo mondo, un falso namibiano in Italia, ecc.

giovedì 15 marzo 2007

Dylan Dog e una locanda che non è la fine del mondo

Dylan Dog 246 - La locanda alla fine del mondo, di M.Masiero e G.Freghieri, Sergio Bonelli Editore, 2,50 euro.
Una storia in parte debitrice, come scritto nella stessa rubrica, di un volume del ciclo di Sandman di Neil Gaiman, ma anche di tutte le storie che presentano una struttura narrativa con una storia cornice che racchiude altre storie, come le Mille e una notte, I racconti di Canterbury di Chaucer, il Decamerone di Boccaccio (e non mi sembra una novità nemmeno per Dylan Dog, anche se la memoria non mi aiuta).
Un modello non originale, e in questo non vedo una colpa, che non viene giustificato dalla necessità di raccontare una storia che risulta un poco sciapa, senza mordente nè necessità.

In particolare, verso il finale vengono presentate possibilità di risoluzione alquanto deboli, con un'idea dell'inferno che sinceramente viene del tutto svuotata di significato (che l'inferno sia in sè un'idea debole si può discutere, ma renderla del tutto banale mi sembra eccessivo).
Per una storia debole, il disegno di Freghieri, pur professionale, non brilla.

Sempre nella rubrica, un ricordo al compianto e grandissimo Gino D'Antonio, mancato di recente.

Dampyr e una congrega in calo

Dampyr 84 - La congrega della luna calante, di M.Boselli e A.Lozzi, Sergio Bonelli Editore, 2,50 euro.
Brevemente: una storia non molto bella, ambientata principalmente in un villaggio in cui vivono i fedeli di una congregazione di streghe moderne, ovvero un culto neopagano assimilabile alla Wicca (niente a che vedere con i satanisti).

Un mostro cattivo, l'amore ritrovato e riperso, qualche confusione di spiriti sdoppiati... alla fine vien voglia di dire: tanto rumore per nulla!
E, aggiungo, una fastidiosa vaghezza, sia nel disegno che nella trama, di ciò che fa da sfondo alla storia.

Mi spiace quasi per la descrizione di questi culti neopagani, di cui alla fine sembra che l'unica cosa che si ricordi sia la nudità d'uso nei riti pubblici (non mostrata in questo fumetto, per questo ci sono i giornaletti osè).

Loveless, un ritorno a casa senza amore

Loveless - Che razza di ritorno a casa, di B.Azzarello e M.Frusin, Planeta DeAgostini, 9,95 euro
In questo volume, che raccoglie i numeri 1-5 di una nuova (mini?) serie edita negli USA dalla linea Vertigo della DC Comics, inizia la storia di due giovani sposi e amanti, lui reduce dalla guerra civile americana, lei reduce dalle violenze subite, e che sembrano intenzionati a tornare a casa e vendicarsi di tutti.

Ma le cose non sono del tutto chiare, e se i colpevoli sono sicuramente tra i nordisti, il mondo corrotto di Azzarello non esclude affatto i "compatrioti" sudisti del duo. Se i protagonisti sembrano avere le idee (relativamente) chiare sul chi colpire, l'autore gestisce con esperienza le rivelazioni al lettore, non lesinando una certa dose di violenza per mantenere alta la tensione.
(Si tratta comunque di una violenza efficace, non superflua, né superiore a quella che si può trovare in un film di Sergio Leone)

Brian Azzarello dimostra, e non ce n'era bisogno dopo le prove di Hellblazer e 100 Bullets, di essere uno scrittore maturo, e gli si perdonano alcuni piccoli eccessi.
Marcelo Frusin tiene il passo e riesce a coinvolgere, con i ritratti degli uomini e donne protagonisti, riuscendo a mantenere un disegno fresco e moderno senza snaturare una certa atmosfera d'epoca.

Unica nota negativa: la carta, e i colori probabilmente, puzzano! (e non poco, l'esperienza di lettura diventa sgradevole: non è che sniffare il fumetto dia dipendenza?)

mercoledì 14 marzo 2007

Il crollo delle torri (di Bois-Maury)

Le torri di Bois-Maury - Olivier, di H.Hermann, Alessandro Editore, 13,99 euro
Sembra giunto al termine il lungo ciclo de Le torri, un ciclo che ci ha regalato uno sguardo non cinico ma sicuramente disincatato sulla parabola umana del cavaliere Aymar e dei tanti protagonisti.

Il cavaliere infatti ha viaggiato nelle tante località e vicende dell'epoca medioevale, testimone del suo tempo e delle eterne ragioni (terrene) che spingono l'animo umano, senza rubare la scena ma totalmente immerso nel suo contesto (e anche in questo si dimostra la grande bravura del maestro Hermann).
Laddove il cavaliere ha spesso avuto un ruolo se non secondario, quantomeno distaccato: raramente è stato il vero motore delle storie, a volte il deus ex machina, ma sempre lasciando spazio agli altri, alla loro importanza, molte volte rivelandosi anche vittima delle persone e degli avvenimenti (e quasi patetico nella suo desiderio di riconquistare il suo feudo).

Così il disegno, totalmente al servizio della storia, capace di un verismo anche drammatico, spesso limpido, ma che non scade nel sentimentalismo o nel dinamismo fasullo, con un'attenzione rivelatrice delle psicologie dei personaggi.

Speriamo che il maestro belga non si fermi e produca sempre nuove storie! (sono un vampiro, lo so!)

Due note negative piccole piccole:

La scritta in retro di copertina, "le avventure della storia", rischia di dare un'immagine non corretta, più che altro didattica, della serie. Certo, se lo scopre una mamma un po' pedante potrebbe mostrarsi conciliante vedendola, perdonando il pargolo se indugia in attività diverse dai compiti, ma lo trovo un po' sminuente.

Infine, vorrei fare una petizione per raccogliere un sacco di monete da 1 centesimo, una per copia pubblicata, da portare all'editore come omaggio: non si vergogna, quest'editore che pure stimo, a mettere un prezzo così ridicolo? Quante persone si saranno decise a comprare il volume perchè costava 13,99 euro e non 14,00? Mah...

L'estate dell'amore (per Brandy!)

Liberty Meadows - L'estate dell'amore, di F.Cho, ed. Saldapress, 18,00 euro

Di Frank Cho non posso che ammettere che lo ammiro molto come disegnatore, in particolare per la protagonista Brandy, mentre come umorista lo trovo carino ma raramente mi strappa più di un sorriso.
Comunque molto ben disegnati e caratterizzati i diversi personaggi, umani e animali (umanizzati o meno).

Ineccepibile l'edizione, gran qualità per le caratteristiche tipografiche, ma anche per i redazionali e le note, molto utili e interessanti, dettagliate come quasi mai (purtroppo) avviene per le pubbicazioni di fumetti.

Qui e qui potete vedere un assaggio delle strisce (in inglese).

martedì 13 marzo 2007

Isaac il pirata - Olga, di Christophe Blain

Un breve segnalazione per questo volume, Olga della serie Isaac il pirata, di Christophe Blain.
Non è il primo della serie, e dovrò recuperare gli altri, visto che lo trovo molto interessante: per capacità narrativa, disegni, colori, atmosfere, gli episodi avventurosi che corrono sul filo della degenerazione umana senza incorrere nella caduta di stile, grazie a una brama di vita venata di ironia (spesso quasi impercettibilmente crudele).

I volumi già usciti della serie sono Le Americhe e I ghiacci. Dello stesso autore avevo letto Socrate il semicane, che avevo trovato meno interessante anche se a tratti divertente (i testi erano però di Joann Sfar).

Isaac il pirata - Olga, di Christophe Blain, Kappa Edizioni, 15,00 euro.

Guida per riconoscere i tuoi santi

Sono andato a vedere questo film, Guida per riconoscere i tuoi santi di Dito Montiel al cinema Massimo, un po' per caso.

Bel film "di formazione" nel ghetto, senza sentimentalismi nè rimpianti, decisamente bravi gli attori (Chazz Palminteri, Dianne Wiest, Robert Downey Jr., ma anche i giovani, tra cui Shia LaBoeuf e Channing Tatum). Il tema non è certo nuovo, da tutte le gioventù bruciate a Scorsese a Spike Lee, ma il regista conferisce vigore alla vita di Dito adolescente, tra violenze di periferia dimenticata, amicizie e amori immaturi, la voglia di uscire dal ghetto per conquistare una vita propria diventando adulto, ad un prezzo, pero'.
Un prezzo che l'adulto Dito (il film è autobiografico) riconoscerà di aver pagato, e con l'accettazione viene il riconoscimento verso i santi che non lo hanno mai abbandonato, la riconciliazione con il passato.

Un regista appena nato, e che si è fatto notare. Bisognerà seguirlo!

Qui, un altro articolo sul film.

sabato 3 marzo 2007

Beneficenza distribuita

La rete mostra la sua capacità di innovazione continua, generando nuove possibilità di mettere in comunicazione realtà anche molto diverse e lontane geograficamente. In questo caso si tratta di permettere il contatto tra chi ha bisogno di fondi e chi questi fondi è disposto a donare (o prestare): in pratica, i link che propongo si riferiscono a siti che permettono di fare beneficienza.

  • Changingthepresent, permette di donare soldi per piccole cause,
  • Kiva, sito che permette di fare microprestiti, non si guadagna sugli interessi, ma i soldi vengono restituiti,
  • DonorsChoose, altro sito per finanziare microprogetti, focalizzato nell'ambito educativo.

A scanso di equivoci, non ho avuto modo di testarli, nè di verificarne l'affidabilità, comunque si tratta di idee nuove ed interessanti, sia per le opportunità che offrono che dal punto di vista della possibile espressione della socializzazione in rete.

Nota: questa esplorazione mi è stata suggerita da questo articolo.