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giovedì 20 novembre 2008
Alita in fuga
Purtroppo devo dire che questa "incarnazione editoriale" soffre, forse anche per l'eccessiva diluizione nel tempo delle uscite, ma credo anche di una certa confusione narrativa dell'autore, che con flashback e disgressioni, ci fa perdere di vista l'obiettivo.
Del resto sembra che neanche Alita sappia più cosa voglia: in fondo le lotte precedenti erano anche un modo per riscoprire se stessa, lei che era stata ritrovata senza memoria in una discarica, e per affermarsi in un mondo difficile pieno di avversari ma anche di qualche prezioso alleato.
D'altra parte il piacere dei duelli decresce, come quello di tecniche speciali e personaggi bislacchi come Desti Nova, scemando la sorpresa sostituita dal senso di deja vu; e anche se vi sono episodi interessanti (come il flashback di Caella Sanguinis) questi male si amalgamano con l'intera vicenda: sempre parlando del lungo flashback, si vedono episodi con protagonista un personaggio che resta comunque secondario per il lettore, la cui partecipazione non può dividersi tra Caella e Alita.
Peccato, perchè la prima serie era davvero ben realizzata, fresca e originale. Non resta che sperare!
Alita Last Order n. 21, di Yukito Kishiro, Ed. Panini, € 2,20
Lui è leggenda, Rat-Man ora e per sempre!
Quel che colpisce di Rat-Man è che le sue storie non sono solo divertenti parodie di supereroi, o la riproprosta delle avventure in braghette di un supereroe fantozziano, ma riescono anche a celebrare il mito di un sfigato più sfigato di noi (e che quindi si può deliberatamente deridere), a farci partecipare empaticamente alle sue miserie e ad esultare alle sue vittorie, vittorie che restano quelle di uno sconfitto. Insomma, Rat-Man è un grande.
Questa storia, in particolare, conclude un ciclo divertente ed genuinamente epico. Se gli si può muovere un appunto, è forse proprio nell'eccessiva lunghezza: si dovevano raccogliere i fili del racconto e chiudere con un accenno a tutti i personaggi, buttare lì una traccia per evoluzioni future, ma il magico equilibrio tra narrazione e puro divertimento a volte si perde. Niente di grave, ci sono momenti davvero esilaranti, e attimi di autentico pathos che fanno perdonare tutto assai volentieri!
Kiii! Kiiii!
Rat-Man Collection 69 "E ora... Rat-Man!", di Leo Ortolani, ed. Panini, € 2,50
Short (and light) stories by Adachi
In questo volume, rispetto ad altri, noterei una maggior propensione per uno sguardo "al femminile", orientato a un pubblico di ragazze: sono storielle brevi e rilassanti.
Short Program n. 1, di Mitsuru Adachi, ed. Star Comics, 7,00 €
Lost Girls, opera interessante? (2)
(in pieno delirio di protagonismo, riporto ancora il mio intervento, è che ci ho ripensato ancora un po’!)
Ho scritto“l’intelettuale (Moore) è al servizio dell’opera”, ma non so se sia cosi’ vero… in fondo è e resta molto intellettuale, insomma quando scrive Lost Girls quella mente perversa di Moore oltre al sesso pensa alle citazioni… quasi me lo vedo con la moglie quando fa all'amore che dice “dai, dai, adesso lo facciamo io che sono il marchese De Sade e tu Lady Chatterly… anzi, no, io faccio il Capitano Nemo, e tu Madame Curie… anzi no, facciamolo come se io fossi Mr. Hyde e tu Mary Shelley, anzi no io faccio Batman e tu R…” e la moglie “BAAAAASTA!!! Vieni a lettooo!!”
(scusate, io adoro Moore, ma la mia vena iconoclasta è più forte!) :-)
martedì 18 novembre 2008
Lost Girls, opera interessante?
Premetto, ne ho letto solo il primo volume, dei tre di cui l'opera è composta, e magari ci tornerò ancora su..
All'apparenza sembra niente più che un fumetto pruriginoso, ma merita uno spunto di riflessione in più.
Lost Girls è felicimente privo di pruderie, grazie al cielo, e non fa leva su queste: per Moore il sesso è sesso e non ha bisogno di alcuna giustificazione intellettuale. Anzi, qui l'intelettuale (Moore) è al servizio dell'opera, un'opera che parla di sesso.
Ci sono opere che parlano di sesso e ne fanno un uso rivoluzionario, di rottura contro i pregiudizi moralistici della società, uno strumento da usare contro il sistema: altre volte il discorso critico è solo una giustificazione per opere pretestuose, accumulo di orgasmi piuttosto che semplice (e felice) sesso, gioco che conduce facilmente nella perversione.
Niente di tutto ciò in quest'opera, che per certi versi ricorda l'esposizione libera del sesso che ne ha fatto Pasolini in alcune sue opere.
A rovinare un po' la festa è il lavoro di Melinda Gebbie, che francamente non reputo di grande qualità, nei tratti quasi infantili e grotteschi e nei colori sovraccarichi.
Si sente anche il peso di una narrazione un po' legnosa, a tratti didasacalica, che perde pathos per strada.
Lost Girls (vol. 1 di 3), di Alan Moore e Melinda Gebbie, Magic Press, 15 €.